Il dibattito tra cucina tradizionale e innovativa ha da sempre acceso gli operatori del settore e può senza dubbio esser considerato un “classico”.
Inoltre con l’esplodere degli show televisivi e del fenomeno dei food blogger ha ormai raggiunto il grande pubblico, che non a caso è sempre più informato ed esigente.
Molto spesso si sente usare il termine “contrapposizione”, ma in realtà sarebbe meglio parlare di una relazione necessaria nonché produttiva, perché a ben vedere la tradizione nasce come un’ innovazione che si radica nel tempo e nell’uso comune.
Tradizione e innovazione: alcune opinioni
In un’intervista tenuta per L’Espresso, il presidente dell’Accademia della Cucina Italiana Giovanni Ballarini ha dichiarato che la tradizione è ciò che ci hanno passato i nostri antenati, ma è nostro dovere continuare a tramandarla migliorandola e adeguandola allo stile di vita contemporaneo.
Questo perché anche la cucina è lo specchio della società: attraverso il cibo si può scoprire la cultura di un paese e dei suoi abitanti.
L’innovazione è senza dubbio la tradizione di domani.
Ciò che è necessario mantenere è l’amore e il rispetto per la materia prima e del territorio.
Non a caso se provate a chiedere anche agli chef più innovatori i motivi per cui hanno intrapreso questa professione, state pur certi che una delle ragioni principali sarà “l’amore per la terra di origine”.
Grazie ai sapori, profumi e prodotti tipici è possibile attraversare la storia dell’uomo e della sua cultura.
Un innovatore su tutti in Italia fu Gualtiero Marchesi, e forse proprio la sua presenza ha reso soprattutto il nord Italia più aperto alle sperimentazioni.
Infatti molti chef creativi che sono passati per le sue scuole (Carlo Cracco, per citare uno dei più noti) hanno un certo seguito.
Man mano che si scende lungo la nostra splendida penisola proporre una cucina creativa e innovativa sembra diventare sempre più complicato.
La cucina molecolare: un’opportunità?
La cucina molecolare si inserisce perfettamente nel contesto che riguarda il rapporto tra cucina tradizionale e innovativa.
Ma di cosa si tratta nello specifico?
In poche parole, la cucina molecolare è una vera e propria scienza che parte dall’osservazione di come si comportano le molecole dei cibi durante la preparazione. Vengono quindi applicate tecniche che permettono di trasformare la struttura molecolare degli alimenti evitando l’utilizzo di sostanze chimiche additive.
Il cardine di questo tipo di cucina è la rivisitazione dei classici metodi di cottura mettendo in evidenza le reazioni chimiche che rendono possibile la trasformazione degli ingredienti durante la preparazione.
Un procedimento tipico è la cottura senza l’utilizzo della fiamma, di cui troviamo un esempio nell’uso dell’alcol per far coagulare le proteine dell’uovo per renderlo solido proprio come se fosse cotto.
Tenendo conto che le trasformazioni chimiche sono alla base anche della cucina tradizionale, il cuoco deve avere una solida preparazione e una profonda conoscenza degli alimenti.
La differenza più sostanziale consiste nelle tecniche di preparazione.
Forse alcuni programmi televisivi hanno portato i più a pensare che molti cuochi utilizzino la cucina molecolare soprattutto per stupire con gusti e sapori fuori dall’ordinario, ma non è detto che questo debba essere il fine ultimo.
Infatti si può vedere la cucina molecolare come un’opportunità che permette di ampliare i confini della tradizione, portando lo chef ad approfondire la conoscenza della struttura chimica del cibo e delle reazioni che stanno alla base della preparazione dei piatti.
Proprio su questo tema l’Accademia Della Cucina Italiana ha svolto un’interessante ricerca in cui venti chef hanno raccontato il loro modo di fare ristorazione e il rapporto con il passato. Ciò che emerso è una generale tendenza ad essere “innovatori nella tradizione”.
Nello specifico la maggior parte di questi chef non è attratta dalla cucina molecolare, ma utilizza i moderni metodi di cottura.
Il dato che emerge su tutti è quindi che la cucina molecolare sembra non trovare spazio nei ristoranti esaminati.
La regina incontrastata è senza dubbio la materia prima di qualità, che da sempre contraddistingue il Made in Italy.
D’altronde chi ha l’ultima parola è sempre il consumatore finale, e noi italiani siamo molto legati alle nostre tradizioni, in particolare a quelle culinarie.
La cucina molecolare: qualche curiosità
Se pensiamo all’innovazione e alla cucina molecolare una data importante è senza dubbio il 1984. Anno in cui l’americano Harold McGee, celebre volto televisivo e scienziato culinario, pubblica “On Food And Cooking: The Science And Lore Of The Kitchen”, ponendo le basi della gastronomia molecolare (più precisamente, il termine ufficiale fu coniato otto anni dopo).
Ecco che il cuoco diventa anche scienziato, in quanto consapevole che la cucina è fatta di reazioni chimiche ed è libero di sperimentare tecniche come la cottura a bassa temperatura, che vanta anche di portare vantaggi nutrizionali all’organismo.
Si arriva così all’era del new localism, ovvero la summa di tradizione e innovazione, dove si parte dalla qualità delle materie prime locali per arrivare a una continua sperimentazione e ricerca di strade sempre nuove.
Proprio in questo campo l’Italia trova il suo massimo esponente in Massimo Bottura, proprietario dell’ Osteria Francescana a Modena, premiato con tre stelle Michelin e classificatosi primo ristorante al mondo nella lista dei The World’s 50 Best Restaurants Awards 2016 di New York. Senza alcun dubbio lo chef parte da una profonda conoscenza della sua Modena.
Da lì si muove verso strade nuove, ma senza scordarsi da dove è partito.
I suoi piatti sono espressione dell’amore e della conoscenza per il suo territorio e dell’applicazione di tecniche che nobilitano la qualità degli ingredienti.
Tradizione e Innovazione: Conclusioni
Basta guardare alla storia per rendersi conto che tutto è sempre stato in continuo movimento.
Da sempre e in tutti i campi, come nella cucina, la storia è fatta sia di cultori della tradizione, sia di innovatori.
Partendo da questo continuo dialogo si arriva infine ad una fase di “adeguamento”.
Pensiamo per esempio alle nuove tecnologie: tecniche come il sottovuoto e l’abbattitore, fino a vent’anni fa non erano così diffuse: oggi sono strumenti entrati nell’uso comune degli chef.
Quello che conta e che distingue uno Chef Professionista, è sapere sfruttare al meglio le nuove tecnologie mantenendo i sani valori nutrizionali e la qualità dei prodotti.
Il ruolo della formazione è molto importante anche per questo: essere in grado di trovare diverse applicazioni per lo stesso strumento.
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